MUSICA MEDIOEVALE (fonte
Wikipedia)
-
La musica medioevale copre circa cinque secoli, nel corso della
storia della musica, e va dall'XI fino alla fine del XV secolo.
Essa, dato il lungo arco di tempo, è suddivisa in diversi sotto
periodi che ne distinguono lo sviluppo.
La teoria della musica medievale e Guido d'Arezzo
L'Esacordo
Guido d'Arezzo nacque intorno al 995 d.C. in un villaggio vicino
a Pomposa (Ferrara). Entrò nel monastero benedettino
dell'abbazia di Pomposa e poi si trasferì ad Arezzo, dove maturò
il suo nuovo metodo per l'apprendimento del canto liturgico, che
espose al papa Giovanni XIX, il quale ne favorì la propagazione.
Le sue opere: il micrologus de musica, considerato il più
importante trattato del Medioevo, il prologus in anthiponarium
in cui l'antifonario viene dato nella nuova notazione.
Guido d'Arezzo diede una soluzione ai molteplici tentativi di
notazione diastematica e fu una figura importante nella storia
della notazione musicale, soprattutto per l'impostazione del
modo di leggere la musica: inventò il tetragramma e utilizzò la
notazione quadrata. Inoltre diede un nome ai neumi e ciò perché
sosteneva che il cantore doveva conoscere il canto in assenza di
una notazione ed essere capace di intonarlo. L'obiettivo di
Guido D'Arezzo era quello di trovare un sistema che consentisse
al cantore di intonare un canto senza averlo mai visto prima.
Per imparare le note, bisognava dare loro un nome, dunque il
canto doveva essere scisso dal testo. Allora, prese l'inno a S.
Giovanni, molto conosciuto perché S. Giovanni era il protettore
dei cantori, staccò dal contesto le sillabe e le note iniziali
dei versetti costituirono un esacordo: (UT) QUEANT LAXIS
(RE)SONARE FIBRIS (MI)RA GESTORUM (FA)MULI
TUORUM (SOL)VE POLLUTI (LA)BII REATUM (S)ANCTE
(J)OANNES Traduzione: affinché i fedeli possano cantare
con tutto lo slancio le tue gesta meravigliose, liberali dal
peccato che ha contaminato il loro labbro, o S. Giovanni.
Successivamente, ut, troppo difficile da pronunciare, venne
trasformato in do da Giovan Battista Doni, prendendo spunto
dall'inizio del suo cognome. Guido D'Arezzo realizzò anche il
sistema esacordale che non fu un sistema teorico, ma un metodo
didattico, con la funzione pratica di aiutare i cantori ad
intonare i canti. Organizzò la successione delle note in
esacordi perché la maggior parte dei canti stavano nell'ambito
di 6 note ed erano le sei note che stavano nel tetragramma.
Guido d'Arezzo individuò tre tipi di esacordo: Esacordo
naturale: do-re-mi-fa-sol-la - Esacordo molle:
fa-sol-la-sib-do-re - Esacordo duro: sol-la-si-do-re-mi
La Solmisazione e la Mutazione
Guido ebbe un'intuizione
geniale perché decise di chiamare ut, re, mi, fa, sol, la non
solo le note dell'esacordo naturale, che corrispondevano come
altezze reali a do, re, mi, fa, sol, la, ma anche le note dell'
esacordo molle. In sostanza, siccome un canto stava nell'ambito
di un esacordo, se stava da fa a re, Guido faceva intonare ut,
re, mi, fa, sol, la anche se l'altezza reale era sol, la, si,
do, re, mi. Questo perché tutti e tre gli esacordi hanno il
semitono fra il 3° e il 4° suono. Chiamando tutti gli esacordi
ut, re, mi, fa, sol, la, il semitono cadeva e veniva chiamato
sempre mi-fa, quindi il cantore sapeva che, quando intonava
mi-fa, aveva un semitono, quindi se c’era un canto che andava
dal sol al mi, i cantori cantavano ut, re, mi, fa, sol, la e
sapevano che quando cantavano mi-fa dovevano fare un semitono.
Con Guido d'Arezzo nasce l'idea che utilizzando una notazione
leggo le note e imparo un canto, quindi lo posso fare anche da
solo, senza bisogno che qualcuno me lo insegni. Tutto funziona
benissimo finché il canto sta nell'ambito di un esacordo. A
questo punto si pone il problema della mutazione cioè il
problema di cambiare, di mutare il nome delle note. Allora Guido
D' Arezzo stabilì a che punto si doveva cambiare il nome delle
note e fissò questa regola da un 1° esacordo ad un secondo
esacordo. Si cambiava l'altezza del semitono in modo che il
semitono venga sempre chiamato mi-fa. Quindi tutte le volte che
si passa da un esacordo all'altro, quindi tutte le volte che c’è
la mutazione, la successione è sol- mi- fa. Questo è il motivo
per cui questo metodo si chiama solmisazione. I suoni
assumevano, così, nomi diversi in base al posto che occupavano
nel sistema degli esacordi: ad esempio, il primo sol veniva
chiamato "ut"; il secondo "sol-re", poiché nel passaggio tra il
primo esacordo ed il secondo, il la, seguito da sibem, veniva
chiamato mi e di conseguenza il sol diventava re; il terzo sol,
poi, veniva chiamato "sol-re-ut", perché nel passaggio dal
secondo al terzo esacordo (che conteneva sibeq-do), il sol
diventava ut.
La Mano Guidoniana Per facilitare ai cantori la
pratica della solmisazione venne inventata la mano guidoniana :
sulla mano sinistra veniva messa la notazione alfabetica di
Oddone da Cluny (= lettere maiuscole = ottava grave; minuscole =
ottava media; doppie minuscole = ottava acuta). Guardando questa
mano doveva essere più facile praticare la solmisazione. La mano
guidoniana aiutava, dunque, la pratica della solmisazione.
Ugolino da Orvieto Con il passare del tempo, vennero tentate
altre vie di notazione: in particolare, nel (XV secolo) si
ricorda il forlivese Ugolino da Orvieto: infatti, dalle
testimonianze ricaviamo che fu: "Glorioso musico e inventor
delle note sopra gli articoli delle dita delle mani", e dunque
"Uomo famoso
Monodie sacre e profane
Fuori dalla Chiesa, nel Medioevo, esistevano due tipi di
produzione di musica: sacra e profana. La Chiesa, nel momento in
cui impose il proprio potere culturale, vietò o mise al bando
tutte le forme di produzione artistica che prescindevano dalla
chiesa e, di conseguenza, tutta una vasta produzione poetica
(Ovidio, Orazio, Virgilio) inizialmente in latino e poi anche in
volgare, che si produsse nel Medioevo, spesso accompagnata dalla
musica. Poi cominciò a nascere una produzione autonoma, per
esempio vi fu un Planctus Karoli(cioè pianto di Carlo) che è un
lamento funebre scritto per la morte di Carlo Magno, di cui
sappiamo esistere una versione musicale. Abbiamo anche il canto
"Roma Nobilis" che era un canto di pellegrini che andavano verso
Roma; si è scoperto che la melodia di questo canto era
utilizzata anche per un testo profano: " "O admirabilis Veneris
idolum". Dunque c’era l'utilizzazione contemporanea di una
medesima melodia tanto per un canto (testo) sacro quanto per un
testo profano. Vi sono, poi, dei primi esempi in volgare come
"il canto delle scolte modenesi" che erano delle guardie. Anche
questo aveva una sua destinazione musicale. Di tutte queste
composizioni non ci è pervenuta la melodia e nemmeno la melodia
dei famosi "Carmina Burana". Sappiamo soltanto che fino al 1100
circa ci fu questa produzione, inizialmente su testi latini, poi
su testi in lingua volgare e man mano che si andò avanti molti
di questi testi erano di provenienza ecclesiastica, proprio
perché la formazione culturale avveniva esclusivamente in ambito
ecclesiastico. La storia della musica, al di fuori della chiesa,
è principalmente legata, ancora una volta, alla storia della
letteratura europea nel senso che nel momento in cui nasce la
letteratura volgare, quella che chiamiamo "letteratura romanza",
nasce per la musica e nell'ambito del sistema feudale, per
l'organizzazione che Carlo Magno e i suoi eredi diedero
all'immenso territorio del Sacro Romano Impero. Il feudalesimo
diede un assetto sociale, economico e politico all'intero
territorio del sacro romano impero, quindi diede anche una certa
stabilità. Questo provocò la graduale trasformazione della
fortezza militare, del castello, in corte, ove nacque la prima
produzione della letterature europea: la lirica cortese. È una
lirica incentrata prevalentemente sul tema dell'amor cortese e
il rapporto fra la donna e il suo amante non è altro che la
riproduzione del rapporto di vassallaggio fra il vassallo e la
sua Signora, musa e Domina. La forma principale di questa lirica
d'amore fu la canso costituita da un vario numero di strofe,
precedute da una volta. I poeti vennero chiamati trobador (facitore
di tropi). Il trobar plan era un modo di scrivere poeticamente
abbastanza semplice. Il trobar rich era un modo di poetare più
complesso, il trobar clus era un modo di poetare chiuso, nel
senso che se non si conosceva una chiave di lettura, era
impossibile leggere, decodificare il testo poetico. I testi
poetici erano fatti dai trovatori, poeti provenzali, e non
venivano letti o recitati, ma cantati da menestrelli e giullari,
musicisti di provenienza perlopiù popolare. Il primo trovatore
fu Guglielmo IX d'Aquitania. Tra tutti il più importante e
famoso fu Bernard de Ventadorn, che viene considerato uno dei
più ispirati poeti del mondo trobadorico. La cosa interessante
fu che i "cansonieri", cioè le raccolte di canzoni di questi
trovatori, ci hanno tramandato circa 2600 testi poetici, dei
quali ci sono pervenute solo 300 melodie. La disparità fra il
gran numero di testi e il ridotto numero di melodie si spiega
perché l'ispirazione è uguale esattamente a quella della lirica
greca: i testi poetici erano scritti, mentre le melodie legate a
schemi melodici fissi ed ad una sorte di memorizzazione di
tradizione orale. Accanto alla canso ci furono delle altre forme
poetiche dei trovatori come il jeu parti, una sorta di dialogo,
oppure l'aube, il commiato mattutino di due amanti, il sirventes,
una canzone di contenuto politico, morale o allegorico. Nel nord
della Francia, intanto, si erano sviluppate due forme letterarie
di tipo narrativo: "chanson de geste" che narrava le gesta di
Carlo Magno e dei suoi paladini, poi passata nella narrativa
popolare. Era in versi e, secondo alcuni, veniva declamata. Il
romanzo cavalleresco che raccontava le gesta di re Artù e dei
Cavalieri della Tavola Rotonda ed era in prosa. Con il romanzo
cortese nacque un nuovo rapporto tra il destinatario e il testo
letterario, fondato sulla lettura. Nella nuova lingua, quella
francese, la canso diventò chanson, il jeu parti jeu parti e
l'alba divenne aube. Accanto a queste forme ne nacquero delle
altre di tipo narrativo, per esempio la chanson de toile, una
canzone in cui una donna che tesse racconta una storia. È una
lirica di contenuto narrativo che risponde ad un'esigenza di
narrazione molto sviluppata nelle corti della Francia
settentrionale. C’è poi la tradizione di testi poetici con
ritornello, che derivavano dalle musiche di danza. Questi testi
sono: Ballade, rondeau e virelai. Gli stessi termini denunciano
la provenienza dalla danza. Ballade, infatti, vuol dire ballata,
rondeau viene da "ronder" che vuol dire girare e virelai viene
da "viler" che vuol dire anche girare. Con il matrimonio di
Beatrice di Borgogna con Federico Barbarossa la lirica francese
venne portata in Germania, dove nacque la tradizione del lied,
l'equivalente tedesco della chanson francese e della canso
provenzale. I trovatori provenzali, diventati trovieri francesi,
vennero chiamati Minnesanger (minne = amore e sang = canto) ed
erano poeti aristocratici che scrivevano testi poetici. La
differenza tra il lied tedesco a la tradizione francese
provenzale è che nel lied tedesco c’è una concezione molto più
spirituale dell'amore rispetto alla forte componente sensuale
della lirica francese. La prima scuola poetica italiana fu
quella siciliana. I poeti di quest’ultima erano i poeti della
cerchia di Federico II e, diversamente dai trovatori e dai
trovieri, la loro formazione scolastica non era avvenuta
perlopiù in ambito ecclesiastico. Per la prima volta in Italia,
la poesia volgare nasce in un ambito nel quale la musica non è
coltivata. Di conseguenza, in Italia, nel corso del 1200, si
determina la frattura fra la poesia e la musica che sarà, in
parte, recuperata con l'ars nova e con Dante, nella cui opera
"Divina commedia" c’è un'ampia allusione alla pratica della
poesia per musica. Le poche melodie di lirica trobadorica che ci
sono pervenute risalgono al 1300 circa. Questo perché si sentì
l'esigenza di mettere per iscritto una parte di questo
patrimonio. A questo punto si è posto il problema
dell'interpretazione ritmica di questi testi musicali, perché il
canzoniere dei trovatori e dei trovieri ci è pervenuto in
notazione quadrata guidoniana, che non dava alcuna informazione
ritmica. Ci sono state varie ipotesi, una di queste è stata
quella di applicare i modi ritmici. Questa tesi è stata smentita
da due fattori: Tutti quelli che hanno tentato di trascrivere
con i modi ritmici hanno ottenuto risultati diversi; I mottetti
scritti da Adam de la Halle, sono in notazione modale, quindi se
A. de la Halle avesse usato una notazione modale, l'avrebbe
usata anche per le composizioni profane. Tuttavia questo non è
accaduto, quindi l'ipotesi dei modi ritmici è sfumata. Adam de
la Halle fu un poeta francese che, ad un certo punto, si
trasferì a Napoli al servizio degli Angioini, presso i quali
concepì una operina in miniaure: le jeu de robin et marion che è
una pastorella drammatica; la pastorella era una lirica in cui
si immaginava l'incontro di un cavaliere con un pastorella. La
soluzione che oggi viene ritenuta più convincente sul ritmo del
canto dei trovatori e dei trovieri è quella proposta da uno
studioso fiammingo che si chiama Von der Werf che dice:
"..bisogna intonare questi testi mantenendo lo stesso ritmo che
avrebbero, se venissero declamati". Il ritmo di questi testi,
dunque, deve essere quello della declamazione. Accanto al canto
gregoriano, praticato in ambito liturgico, si sviluppò una
produzione musicale sacra che non era legata alla liturgia. Si
tratta di una produzione in latino data dall'ufficio drammatico
(e poi dal dramma liturgico) e di una tradizione in volgare,
data dalle laudi. Nel Medioevo, all'interno della liturgia, si
cominciarono a teatralizzare rievocazioni del testo sacro che lo
consentivano. Questa prima fase della teatralizzazione di
momenti del testo sacro prese il nome di ufficio drammatico,
perché la teatralizzazione avveniva nell'ambito di una
celebrazione liturgica. Il passo successivo fu la nascita del
dramma liturgico che fu una vera e propria rappresentazione
teatrale, realizzata sull'altare della chiesa, in cui i chierici
vestivano i panni di attori. Il dramma liturgico fu una
rappresentazione teatrale ispirata alla tradizione del vecchio e
del nuovo testamento e interamente cantato. Il passaggio
dall'ufficio drammatico al dramma liturgico risulta evidente se
si prende in considerazione il primo ufficio drammatico, "quem
quaeritis?, un tropo che si cantava nel mattutino pasquale. Il
mattutino è quel momento della liturgia delle ore che riguarda
l'inizio, una delle prime ore del giorno di Pasqua. Questo tropo
era un canto interamente inventato che rievocava l'incontro
dell'angelo con le pie donne. Questo nucleo dialogico venne
teatralizzato, dunque diventò un ufficio drammatico. Quando dal
canto teatralizzato si passò alla rappresentazione vera e
propria in cui all'angelo e alle pie donne si aggiungono altri
personaggi, nasce il dramma liturgico che prende il nome di
Ludus Paschalis perché la parola che venne utilizzata per
indicare questi drammi di norma fu Ludus, gioco. Fra l'altro, si
tenga conto che il rapporto fra la teatralità e il gioco è molto
diffuso nelle lingue non italiane. Il ludus Danielis rievoca la
vicenda di Daniele e della fossa dei leoni ed è una
rappresentazione molto interessante perché è il più grandioso
dramma liturgico. Prevede molti personaggi in scena, la presenza
di strumenti accanto alle voci ed ha un numero molto alto di
melodie di varia provenienza.(gregoriana, ma anche melodie più
vicine alla tradizione della lirica volgare).Inoltre, il ludus
Danielis ha delle parti in volgare perché i fedeli ormai
parlavano in volgare e, quindi, in una rappresentazione teatrale
che doveva raggiungere direttamente il fedele in una
rappresentazione teatrale si sentì la necessità di inserire
parole, frasi o parti in lingua volgare. A questo inserimento
della lingua volgare si accompagnò la tendenza di inserire delle
parti comiche che vennero legate in particolare ad alcuni
personaggi. Ad esempio San Pietro era esposto alla comicità.
Questo provocò una reazione della chiesa che, ad un certo punto,
vietò che i drammi liturgici, divenuti troppo profani, si
facessero all'interno della chiesa. Questi drammi liturgici,
quindi, vennero spostati sul sagrato della chiesa e divennero
sacre rappresentazioni. La sacra rappresentazione è una
rappresentazione di contenuto sempre sacro, legato ad una
vicenda sacra. Si rappresentava fuori dalla chiesa, sul sagrato,
ed era in lingua volgare. Col passare del tempo, nel Medioevo,
il testo della sacra rappresentazione assume una precisa
versificazione, quella in ottave di endecasillabi . Delle sacre
rappresentazioni bisogna ricordare che si trattava di un teatro
che non rispettava i principi del teatro classico, cioè di unità
di tempo di luogo e di azione che si sarebbero applicate a
partire dal 1400, quando venne scoperta la poetica di Aristotele
e quindi si applicarono i principi diciamo classicisti. Accanto
al dramma liturgico e alla sacra rappresentazione, dobbiamo
ricordare come funzione musicale di contenuto sacro uno extra
liturgico, le Laudi. Il loro sviluppo va letto all'interno di
una grande fioritura religiosa che avvenne nel corso del 1200,
legata in gran parte anche alla diffusione del movimento
francescano. Infatti è il cantico delle creature di S.
Francesco, di cui si sa che esistesse una traduzione musicale,
che noi non possediamo. Più avanti si costituirono addirittura
delle confraternite. Preposte proprio all'esecuzione di laudi
furono le confraternite di laudi, le cui raccolte vennero
chiamate laudari. Col passare del tempo, la lauda assunse la
forma metrica della ballata e tra queste ricordiamo due laudari
che ci sono pervenuti: Laudario di Cortona; Codice della
Biblioteca Magliabechiana di Firenze; Sono due laudari in parte
simili( le melodie derivano tutte da un protolaudario, cioè da
un modello originario), ma anche molto diversi (le melodie del
laudario, che si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze,
sono molto più fiorite e i manoscritti in cui si trovano queste
melodie sono molto più ricchi eleganti e miniati rispetto a
quelle del laudario di Cortona).
Musicisti più rappresentativi
I trovatori
I trovatori furono poeti attivi nei secoli XII e XIII nelle
corti aristocratiche della Provenza, regione attualmente
appartenente alla Francia. Successivamente, trobadori si possono
ritrovare in Francia, Catalogna, Italia settentrionale, ma
vengono a esser influenzate tutte le scuole letterarie d'Europa:
la scuola siciliana, toscana, tedesca, scuola mozarabica e
portoghese. Fra i più noti si ricordano: Bernard de Ventadorn
Jaufré Rudel
Ars antiqua Con il termine Ars Antiqua (o Ars Vetus) è
indicato quel periodo convenzionale della Storia della musica
anteriore al XIV secolo nel corso del quale in Italia e in
Francia venne gradatamente recepita la "riforma" compositiva e
musicale, iniziata da Philippe de Vitry e da Marchetto da
Padova, chiamata provocatoriamente Ars nova. Fra gli esponenti
più rilevanti si citano: Adam de la Halle Francone da Colonia
Petrus de Cruce
Scuola di Notre Dame La Scuola di Notre Dame o Scuola di
Parigi fu una scuola musicale al servizio della cattedrale di
Notre Dame di Parigi, nella quale tra il XII secolo e gli inizi
del XIII, si sviluppò la polifonia. Gli unici esponenti a noi
noti sono: Leonin Perotin
Ars nova E’ la locuzione con cui si indicò nel XIV secolo
un nuovo sistema di notazione ritmico-musicale in
contrapposizione a quello dei secoli precedenti. L'Ars Nova si
sviluppò quasi contemporaneamente in Francia e in Italia,
all'inizio del XIV secolo. Nel 1377 l'Ars Nova francese e
italiana si fusero: nella notazione di Marchetto da Padova, per
esempio, si inseriscono le figure ritmiche di Vitry (come
spiegato più avanti nel paragrafo Il cambiamento della notazione
musicale), la ballata diventa a 2 voci e quasi sostituisce il
madrigale. |